Registro unico, i nuovi iscritti sono 485
Fonte: RIVISTA VITA
L'analisi dei dati ad oggi 18 febbraio a quasi tre mesi dall'avvio del RUNTS. Fra gli enti sin qui iscritti: 68 sono fondazioni, 2 sono società di mutuo soccorso, i restanti 415 sono associazioni. Si tratta di enti che precedentemente non comparivano nei vecchi registri di settore delle organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e Onlus.
Dal 24 novembre dello scorso anno è consentito agli enti che lo desiderino (l’iscrizione è infatti sempre opzionale) iscriversi nel RUNTS al fine di ottenere la qualifica di ente del terzo settore ed eventualmente anche la personalità giuridica di diritto privato (quest’ultima, in verità, è un’opzione soltanto per le associazioni, ma non già per le fondazioni, che senza la personalità giuridica non esisterebbero in quanto tali). Per chi lo voglia, un elenco di enti iscritti al RUNTS, aggiornato quotidianamente, è disponibile nel sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Lo abbiamo consultato oggi 18 febbraio 2022, a quasi tre mesi dall’avvio del Registro: risultano 485 enti nuovi iscritti. Si tratta enti che precedentemente non comparivano nei vecchi registri di settore delle organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e Onlus e che quindi si sono iscritti ex novo al Runts.
Il primo dato di interesse per chi intenda valutare in chiave giuridica l’impatto della riforma del 2017 sul terzo settore è quello relativo alla distribuzione degli enti nelle varie sezioni del RUNTS. Com’è noto, infatti, il RUNTS è attualmente suddiviso in 7 sezioni: le prime 6 accolgono le tipologie particolari di enti del terzo settore previste dal Codice del 2017 (ODV, APS, Enti filantropici, Imprese sociali, SoMS, Reti associative); l’ultima, invece, è destinata ad ospitare quegli enti che non abbiano una qualificazione particolare e che non siano dunque iscritti nelle precedenti sezioni, ed in questo senso è una sezione residuale.
Ciascun ente deve, in sede di domanda d’iscrizione, chiedere di essere registrato in una sezione, avendone, naturalmente, i relativi requisiti sostanziali. Il cambio di sezione sarà successivamente possibile (“migrazione”). Solo le reti associative possono iscriversi, oltre che nella sezione loro dedicata, anche in un’altra sezione del RUNTS.
Ebbene, al giorno di oggi e a quasi 3 mesi dall’avvio del RUNTS, questa è la distribuzione dei 485 enti nuovi iscritti:
- Sez. a) – Organizzazioni di volontariato (ODV): 87
- Sez. b) – Associazioni di promozione sociale (APS) : 259
- Sez. c) – Enti filantropici (EF): 6
- Sez. d) – Imprese sociali: 0
- Sez. e) – Reti associative: 0
- Sez. f) – Società di mutuo soccorso (SoMS): 2
- Sez. g) – Altri enti del terzo settore (altri ETS): 131
Quanto alla forma giuridica, di tutti gli enti sin qui iscritti, 68 sono fondazioni (dunque poco più del 14% del totale), 2 sono società di mutuo soccorso, i restanti 415 sono associazioni (dall’elenco pubblico, presente nel sito del Ministero, non risulta quali e quante di esse sono dotate di personalità giuridica).
Il numero totale di enti nuovi iscritti è davvero molto significativo e testimonia il crescente interesse verso il terzo settore, favorito dalla riforma del 2017. Ciò è vero soprattutto se si considerano i seguenti elementi che inevitabilmente contribuiscono alla riduzione del numero totale degli enti che attualmente figurano nel RUNTS:
- le iscrizioni non provengono da tutti gli Uffici del RUNTS; dei 22 Uffici che sono stati istituiti in sede di riforma (19 regionali, 2 delle province autonome e 1 statale), solo due terzi di essi hanno già contribuito ad alimentare il RUNTS (Lazio, Liguria, Lombardia e Friuli-Venezia Giulia sono stati i più rapidi, avendo già effettuato iscrizioni nel 2021; in generale, Lazio e Lombardia sono gli Uffici che hanno effettuato più iscrizioni);
- vi sono alcune sezioni ancora sguarnite, ma per ragioni comprensibili
a) la sezione reti associative lo è perché l’Ufficio statale del RUNTS, unico competente al riguardo, non ha ancora potuto effettuare alcune iscrizione, essendo l’iscrizione delle reti subordinata alla dimostrazione di un certo numero minimo di enti ad esse aderenti, che a sua volta presuppone dichiarazioni effettuate dagli enti del terzo settore al RUNTS; tanto è vero ciò che il Ministero ha dovuto predisporre un elenco provvisorio di enti che si considerano transitoriamente reti associative pur non essendo ancora iscritti nella corrispondente sezione del RUNTS (questo elenco ospita le APS nazionali di cui all’abrogata legge 383/2000 e alcune associazioni nazionali di ODV)
b) la sezione imprese sociali (che include anche diverse migliaia di cooperative sociali) lo è perché le imprese sociali (e le cooperative sociali) acquistano tale qualifica non già iscrivendosi nel RUNTS, bensì nel Registro delle imprese alla sezione “imprese sociali”; dal Registro delle imprese, cosa non ancora avvenuta, i dati sulle imprese sociali confluiranno anche nel RUNTS dove diverranno visibili; - la sezione dedicata alla SoMS ospita solo 2 enti (e un numero esiguo è ineluttabilmente destinata ad ospitarne) perché la maggior parte delle SoMS dovrà per legge iscriversi nella sezione “imprese sociali” del RUNTS;
- decine di migliaia di enti, circa 90mila – ovvero le ODV e le APS che erano già iscritte al 22/11/2021 nei registri regionali delle ODV, nei registri regionali delle APS e nel registro nazionale delle APS – approderanno al RUNTS ad esito del procedimento di trasmigrazione che è tuttora in corso (nella sua prima fase, che è quella del trasferimento di dati);
- potrebbero esservi alcuni enti iscritti al RUNTS sulla base del meccanismo del silenzio-accoglimento, che non figurano in questo elenco, ma in uno diverso apposito per loro;
- gli enti iscritti nell’Anagrafe delle ONLUS di cui al d.lgs. 460/1997 non possono ancora formulare domanda di iscrizione al RUNTS (si tratta di 13.663 enti secondo i dati dell’ISTAT aggiornati al 31/12/2019): a tal fine deve attendersi che l’Agenzia delle entrate formi un elenco di tutte le ONLUS iscritte all’Anagrafe e lo comunichi al Ministero del lavoro (art. 34 DM 106/2020);
- il quadro fiscale è ancora incerto a causa della persistente inefficacia della maggior parte delle norme fiscali del Codice, dovuta all’assenza di autorizzazione europea (che non è stata rilasciata dalla Commissione europea perché ancora non a quest’ultima formulata dal Governo italiano).
I dati relativi alle singole sezioni dimostrano la prevalenza di APS sulle altre tipologie di enti. Più del 53% di enti è infatti iscritta nella sezione b) del RUNTS, dedicata alle APS. Questo numero così rilevante può imputarsi a diversi fattori, tra cui la relativa elasticità della fattispecie giuridica delle associazioni di promozione sociale (artt. 35 e 36 CTS), soprattutto rispetto a quella delle ODV, che presente sicuramente una “definizione normativa più alta”, e l’attivismo delle reti associative (che oggi sostanzialmente corrispondono alle “vecchie” APS nazionali).
Quasi il 18% di enti sono ODV. Un terzo rispetto alle APS (mentre l’ISTAT, nel suo rapporto sul non profit del 2019, rilevava la presenza di un numero quasi doppio di ODV rispetto alle APS, precisamente 36.437 ODV e 19.660 APS). Come sopra evidenziato, ciò può essere l’effetto dei minori vincoli normativi posti a carico delle APS rispetto a quelli che invece vigono per le ODV (si pensi, per tutti, all’obbligo di svolgere prevalentemente attività a rimborso spese), ma potrebbe anche essere la conseguenza della concentrazione delle ODV su un numero circoscritto di attività di interesse generale (attività socio-assistenziali, socio-sanitarie, protezione civile, ecc.), laddove le APS non solo operano in un numero maggiore di settori, ma sono tradizionalmente attive in quei settori (culturale, sportivo dilettantistico e ricreativo) che da soli raccolgono (stando agli ultimi dati dell’ISTAT relativi al 2019) la maggioranza degli enti esistenti. Sarà curioso, tra le altre cose, capire come questa preponderanza di APS impatterà concretamente sull’organizzazione e il funzionamento dei Centri di servizio per il volontariato.
L’avvio della sezione “enti filantropici”, seppur modesto (solo 6 enti, ovvero poco più del’1% del totale degli enti iscritti ad oggi), è significativo, poiché tale sezione accoglierà enti che svolgono un’attività specifica (non già operativa, bensì di sostegno, anche finanziario, ad altri enti e alle loro attività di interesse generale, oltre che a persone svantaggiate). Tale categoria, inoltre, comprende soltanto fondazioni ed associazioni con personalità giuridica, ciò che costituisce un ulteriore paletto rispetto alla sua estensione. È interessante il fatto che attualmente gli enti iscritti nella sezione enti filantropici siano esclusivamente fondazioni.
Particolarmente significativo, anche perché originariamente non del tutto prevedibile, è il “decollo” della sezione “g” del RUNTS, quella dedicata agli “altri ETS”. Accoglie infatti il 27% degli enti iscritti. Ciò significa che più di un ente su quattro sta optando per questa sezione, “residuale”, del RUNTS. Le ragioni alla base di questa scelta sono diverse, ma comprensibili. Gli “altri ETS” non hanno infatti i vincoli operativi e gestionali che si applicano alle ODV e (ancorché in misura minore) alle APS; in particolare, gli altri ETS non devono necessariamente essere formati da persone fisiche (tanto meno in misura pari almeno a 7, come avviene nel caso di ODV e APS) e possono avere la forma di fondazione (ed infatti poco meno della metà dei 131 ETS sono fondazioni). Da qui il notevole spazio concesso, anche ad attori non tradizionalmente legati a questo mondo (enti genericamente senza scopo di lucro, enti ecclesiastici, enti con scopo di lucro o con scopo mutualistico, società benefit, cioè tutti gli enti che non siano “esclusi” ai sensi e per gli effetti dell’art. 4, comma 2, del Codice), di costituire e financo controllare enti del terzo settore. La categoria degli altri ETS, peraltro, si presta altresì ad un uso strumentale da parte di ETS con diversa qualifica e diversa sezione di iscrizione nel RUNTS. Insomma, è la sezione, quella “residuale”, in cui fantasia ed innovazione, interni o esterni al tradizionale terzo settore, possono ampiamente dispiegarsi. Ben ha fatto dunque il legislatore a prevederla.
Non si può inoltre non rilevare la grande crescita delle fondazioni. Se solo si pensa che l’ISTAT accertava con riferimento al 2019 la presenza di poco più di 8.000 fondazioni, pari a poco più del 2% del totale di enti non profit, il dato del RUNTS sul numero di fondazioni registrate – le fondazioni sono poco più del 14% del totale degli enti del terzo settore – è davvero significativo. Ha sicuramente contribuito a questo successo la scelta del legislatore di prevedere la soglia di (soli) 30.000 euro di patrimonio minimo per il riconoscimento delle fondazioni del terzo settore (in ciò allineandosi alle altre legislazioni nazionali europee). Ma un ruolo importante è anche giocato dall’elasticità organizzativa che nel Codice caratterizza le fondazioni del terzo settore (rispetto alle associazioni), soprattutto se si pensa che queste ultime possono anche essere “di partecipazione” e dunque inglobare elementi associativi nel loro DNA.
Dall’elenco pubblico da cui abbiamo attinto i dati non si evince quanti enti siano stati registrati sulla base di istanze formulate al RUNTS da notai. Come noto, gli enti già muniti (ex d.P.R. 361/2000) di personalità giuridica, e quelli che aspirano ad ottenere la personalità giuridica iscrivendosi al RUNTS ex art. 22 del Codice, possono iscriversi al RUNTS solo tramite un Notaio. Quel che dunque è certo è che non meno del 14% delle domande di iscrizione è di provenienza notarile, e sono le domande che riguardano le fondazioni. È pertanto presumibile che l’apporto dei notai sia ancora maggiore, se si pensa alla possibile iscrizione da parte loro di alcune delle 415 associazioni già registrate.
Questa fase di avvio del RUNTS ha già interessato un numero considerevole di persone. Difficile avere dati precisi al riguardo (senza effettuare un accesso completo al RUNTS e limitandosi a questo elenco pubblico), ma se si pensa che ODV e APS devono essere composte sempre da almeno 7 associati, che le altre associazioni devono esserlo almeno da 2, e che normalmente il CdA delle fondazioni è formato da non meno di 3 componenti, si giunge ad un numero non inferiore a circa 3.000 cittadini coinvolti in soli 3 mesi dall’avvio del RUNTS.
Tutto ciò senza contare che i dati sopra presentati si riferiscono alle registrazioni avvenute, ma molte di più sono le domande ancora pendenti già presentate in questi primi 3 mesi.
I dati qui brevemente presentati e commentati dimostrano, in maniera inequivocabile, il più che positivo avvio del RUNTS e l’impatto favorevole della Riforma del 2017 sul terzo settore. La Riforma ha offerto nuove opportunità, ha ampliato i confini del terzo settore, lo ha reso più visibile, ha semplificato (e non già complicato, come talvolta frettolosamente si dice) la vita degli enti, ha dato maggiore certezza giuridica (anche se tanto ancora si può e si deve fare in questa direzione); in poche parole, sembra aver fatto tutto ciò che da una vera riforma può attendersi.
Quanto sopra rilevato rende ancora più urgente l’autorizzazione europea al nuovo regime fiscale (che ovviamente richiede e presuppone l’impulso del nostro Governo): l’ultimo tassello mancante per la completa attuazione della “grande” Riforma.